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Secondo le teorie della medicina psicosomatica il calcolo renale è un disturbo significativo e rivelatore di una particolare situazione psicologica del soggetto. La psicosomatica infatti ricerca i legami tra un disturbo fisico e le sue possibili cause di natura emotiva. Questa disciplina è fondata sul presupposto che mente e corpo siano strettamente legati e si influenzino in modo reciproco. Quindi i malesseri psicologici di una persona sono manifestati esteriormente da determinati disturbi fisici, che hanno spesso un significato simbolico.

Il calcolo renale, in questa visione, è interpretabile come un ostacolo duro che crea uno sbarramento nel nostro flusso interiore. Da un punto di vista simbolico, la calcolosi urinaria indica il prevalere della durezza caratteriale sulla cedevolezza. La rigidità verso gli altri e se stessi è un tratto che si riscontra spesso nello stile di vita di chi soffre di questo disturbo. In genere pretende sempre che siano gli altri ad adattarsi a lui e non viceversa.

Incapaci di “sciogliersi”

Anche la localizzazione nell’apparato renale ha un significato simbolico: i reni sono un grande setaccio, devono saper filtrare e trattenere il presente e far andare il passato (le scorie, il residuo), lasciando che la vita fluisca in modo naturale. Il calcolo rappresenta l’incapacità di distinguere tra ciò che ci è ancora utile e quello che non ci serve più. Chi soffre di calcoli renali quindi, secondo la psicosomatica, non sa vivere bene il presente, interpreta la fermezza come rigidità e, invece di adattarsi alla realtà quando serve, cerca di adattare la realtà a se stesso. Questo piglio rigido non è subito evidente, ma è qualcosa di più profondo, come i reni, e di invisibile: questi individui sono “falsi morbidi” che in realtà nascondono un “nucleo di pietra”, difficile da scalfire. Il calcolo renale è dunque uno scoglio in cui si incaglia il fiume della vita.

Sul piano organico può bloccare il flusso dell’urina e provocare dolori, su quello esistenziale può portare a dolorose “impasse”, soprattutto nelle relazioni con gli altri, dove un’assenza di cedevolezza può complicare le cose. Il dolore violento provocato dai calcoli rappresenta, sul piano fisico, proprio quella sofferenza trattenuta, l’espressione di un dolore interno che non è stato in grado di esprimersi in modo conscio ed esplicito.

Fonte: I manuali di Riza.

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